L’approccio terapeutico tradizionale, per quanto riguarda l’abuso di droghe, mette in evidenza come, da parte dei pazienti, vi sia sempre una forte negazione e la necessità che il terapeuta sollevi a riguardo dei dubbi.
Spesso si pensa che la terapia debba essere lunga e che la ricaduta si verificherà pressoché in ogni caso.
Da questa prospettiva la Terapia Breve centrata sulla Soluzione sembrerebbe non essere risolutiva, eppure, gli studi sui risultati hanno dimostrato che in quest’ambito è particolarmente efficace, come si può notare in questo articolo.
Abuso di droghe e trattamento con Terapia centrata sulla Soluzione
Nella Terapia Breve centrata sulla Soluzione, i pazienti che si trovano nella “fase di negazione” non vengono messi in dubbio, al contrario gli viene chiesto cosa sperano che loro e gli altri notino di diverso.
Se non vogliono affrontare il loro abuso di droghe, cos’altro vorrebbero vedere di diverso? Se rispondono con delle preoccupazioni di tipo pratico, come l’alloggio, allora anche questo discorso viene affrontato.
Se il problema riguarda la loro capacità di mantenere l’alloggio a causa del loro stile di vita, allora viene chiesto loro come vorrebbero affrontare le cose in futuro in modo da poter mantenere la loro casa.
Se sono già stati ricollocati e i problemi persistono, si chiede loro cosa vorrebbero vedere gli altri, inclusi i responsabili degli alloggi.
Cosa suggerisce la Terapia centrata sulla Soluzione
La Terapia Breve centrata sulla Soluzione suggerisce che il cambiamento può iniziare da qualsiasi punto della vita di un paziente e non deve essere focalizzato sul problema attuale dell’abuso di sostanze stupefacenti.
Vediamo dei casi concreti.
A un paziente portato in terapia dalla sua infermiera psichiatrica, era stato chiesto cosa immaginasse nel gradino più alto della scala. Aveva risposto che avrebbe smesso di farsi di crack ed eroina ma, “Non vi mentirò, non voglio smettere con la marijuana”.
Fino a quel momento non aveva mai parlato del suo abuso di droghe col terapeuta. In quel particolare frangente non aveva senso affrontare apertamente il problema inerente all’uso di sostanze, piuttosto era preferibile concentrarsi su piccoli segni di progresso.
La conversazione era continuata focalizzandosi sul fatto che il paziente usciva più spesso, parlava di più con le persone, cercava di ottenere un lavoro e così via.
L’ipotesi che si fa nella Terapia centrata sulla Soluzione, in generale vale per tutte le tipologie di problemi, è che i pazienti con comportamenti che creano dipendenza sanno cosa devono fare anche se in principio non lo sanno: ovviamente ci sono sempre delle eccezioni, delle volte fanno un minore uso di droghe e delle altre non ne fanno per niente.
De Shazer ha proposto l’idea di chiedere ai pazienti di prestare attenzione e di parlare dei momenti in cui superano la tentazione o l’impulso di fare uso di droghe, o di altri comportamenti compulsivi.
Questo modo di agire suppone il riconoscimento del desiderio che provano i pazienti e permette loro di riflettere su come poterlo gestire. Alcuni pazienti minimizzano le eccezioni, per esempio asserendo che nella circostanza in cui non avevano fatto uso di droghe la motivazione era perché avevano finito i soldi.
Tuttavia, una volta ricordato loro che in altre occasioni questa “scusa” non li aveva fermati, possono continuare a esaminare i loro punti di forza nell’affrontare i loro forti impulsi.
È importante, quindi, riconoscere il duro lavoro necessario per sconfiggere i sintomi dell’astinenza.
Proprio in questo frangente è fondamentale rispondere alle domande, in modo da mettere in evidenza le capacità di gestione della situazione da parte del paziente.
Un altro esempio che può far capire meglio cosa si intende, è quello di una paziente che, all’inizio della seduta, stava tremando tanto era forte il suo bisogno di droga.
Mentre la conversazione continuava, aveva cominciato a diventare più tranquilla, e questa sembrava essere un’eccezione accaduta li e in quel momento.
Un altro paziente aveva raccontato di come il solo fatto di partecipare alla seduta terapeutica gli avesse dato beneficio, “diversamente sarei là fuori in questo momento a cercare droga”.
Naturalmente, alcuni pazienti trovano troppo impegnativa la sfida di disintossicarsi quando si trovano nel loro ambiente e allora richiedono un alloggio residenziale.
La gestione delle ricadute
Inevitabilmente, un elemento chiave della terapia è la gestione delle ricadute. La ricaduta non sta a significare che le cose siano tornate al punto di partenza, dato che c’è stato comunque un periodo di astinenza o di controllo che l’ha preceduto.
Si discute quindi, nel dettaglio, su come il paziente sia riuscito a controllare il consumo della sostanza che dava dipendenza per un così lungo tempo e di come potrebbe uscire da una ricaduta in futuro.
Le scale della fiducia sono utili, così come lo è un insolito compito che de Shazer ha messo a punto per i pazienti che sembrano avere difficoltà nel raccontare come stanno trascorrendo le loro giornate.
«Chiedere a un paziente di “prevedere ogni giorno se riuscirà a superare la voglia di farsi di coca il giorno successivo e poi, alla fine della giornata, verificare se la sua previsione si è rivelata corretta, per poi spiegare in che modo la sua previsione si sia rivelata corretta o errata”.
Quest’attività, il più delle volte, porterà a un aumento dei casi in cui viene superata la voglia di ricorrere alla droga da parte del paziente.»
Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi
Bibliografia
de Shazer, S. (1985) Keys to Solution in Brief Therapy. New York: W.W.
de Shazer, S. (1991) Putting Difference to Work. New York: W.W. Norton.