Scegliere la domanda successiva nella Terapia Breve

Nella Terapia centrata sulla Soluzione, la scelta della domanda successiva alla risposta di un paziente è cruciale. Da quella dipenderà il resto della conversazione, la direzione che vogliamo farle prendere in modo che sia utile allo scopo della terapia. Chiaramente non si può spiegare come fare la scelta giusta in un solo articolo, per cui questo sarà un argomento che verrà sviluppato nel tempo. Qui, invece, vedremo cosa comporta scegliere la domanda successiva giusta nella Terapia Breve.

Domanda successiva nella Terapia Breve, la scelta non è sempre facile

Quando parliamo, nelle conversazioni di tutti i giorni, generalmente non facciamo troppa attenzione alla scelta dei contributi che apportiamo al discorso. Se pesassimo attentamente tutte le parole che diciamo, probabilmente il nostro contributo apparirebbe falso, o quanto meno triste e artefatto. Una conversazione, soprattutto quelle informali, si basa su uno scambio di contributi spontanei, ovviamente parlando sempre in generale.

Una conversazione professionale, invece, si articola in modo differente. Per quanto riguarda il nostro ambito, ogni conversazione viene calibrata sulla necessità di avere una qualche utilità per il paziente. Ciò che chiediamo durante una seduta, quindi, dovrebbe essere quindi utile per il paziente, come detto, o essenziale per il compito da svolgere.

Formulare la domanda successiva

Mentre ascoltiamo ciò che un paziente ci sta raccontando, dobbiamo formulare quella che sarà la nostra domanda successiva e che andrà formulata sulla base di ciò che lui ci sta dicendo, sperando che sia abbastanza creativo e utile. La risposta del paziente, però, delle volte può avere diverse direzioni, può quindi non essere univoca. In questo caso la scelta della risposta del terapeuta non è sempre facile.

Faccio un esempio concreto. A una domanda di questo tipo: «Quali sono le migliori speranze che riponi in questa terapia?» viene data una risposta di questo tipo:

«Non ne sono davvero sicura. Ho sofferto di depressione per la maggior parte della mia vita adulta, esattamente come mia madre. Ci sono dei giorni in cui mi arrendo e li passo interamente a letto. Mio marito dice che è stufo e quasi tutte le sere va giù al pub. Suppongo che voglio solo sentirmi meglio.»

Come si nota, non si può dare seguito a ciascun aspetto di questa risposta, è dunque necessario fare una scelta. A pesare significativamente sulla scelta del terapeuta sono senza dubbio il modello e la teoria che ha abbracciato.

Per esempio, i modelli e le teorie della causalità andranno a indagare le cause; i modelli e le teorie storiche potrebbero indagare la depressione della madre; un modello sistemico potrebbe porre l’attenzione nella relazione coniugale e cercare quindi una correlazione tra essa e la depressione; la terapia cognitiva, invece, potrebbe essere interessata per prima cosa a esplorare i pensieri inerenti le rinunce.

La domanda successiva nella Terapia Breve centrata sulla Soluzione

Domanda successiva nella Terapia Breve

Non si può dare seguito a ciascun aspetto di questa risposta, è dunque necessario fare una scelta

Un terapeuta che segue l’approccio della Terapia breve Centrata sulla Soluzione, invece, darebbe più peso a quella parte della risposta del paziente riguardante la domanda “Quali sono le speranze che riponi in questa terapia”.

Il paziente ha elencato una serie di difficoltà cercando di dare questa risposta, tale descrizione influisce sulla formulazione della domanda successiva che, tuttavia, dovrà comunque tener conto di quella “speranza” di sentirsi meglio.

Per esempio si potrebbe chiedere «Qual è stato il primo segnale che ti ha fatto capire che stai iniziando a stare meglio?»

La domanda più frequente nella Terapia centrata sulla Soluzione ”Che altro?”

La domanda più di frequente viene posta nella Terapia Breve centrata sulla Soluzione è “Che altro?”. Spesso anche i tirocinanti scherzano dicendo che quando si è nel dubbio si deve sempre chiedere “Che altro?”

In realtà questa domanda consente di far aggiungere al paziente altre tessere mancanti nella sua descrizione. Per esempio, se il paziente dell’esempio di prima avesse risposto dicendo che «Uscirei più spesso», il terapeuta potrebbe chiedergli “Che altro?” e il paziente, a sua volta, potrebbe rispondere «Chiamerei un amico che non sento da tempo.»

Il terapeuta, però, avrebbe potuto anche incentrare la conversazione diversamente, magari chiedendo «Dove potresti andare a… », quindi chiedendo dove è stato, con chi si è incontrato e via discorrendo e poi chiedere, comunque, «Cosa ti ha fatto capire che le cose stanno migliorando?»

Ampliamento e dettaglio

A fare la differenza tra queste domande è la loro mpostazione verso l’ampliamento o il dettaglio. Entrambi questi aspetti sono presenti nelle sedute di Terapia Breve centrata sulla Soluzione e che svilupperemo nei prossimi articoli. Per approfondire questi concetti, intanto, puoi leggere “Crossing the bridge: Integrating Solution-Focused Therapy into Clinical Practice, di Thon e Oslag, per approfondimenti sullo sviluppo della Terapia Breve centrata sulla Soluzione puoi leggere questo articolo

Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi

 

Contattami




Psicologo/aPsicoterapeutaAltro


SINO


ACCETTO | Dichiaro di aver letto e di accettare la politica di privacy ai sensi dell'art. 13 del D.Lgs. 196/2003 ed esprimo il consenso al trattamento dei miei dati personali a fini promozionali e commerciali.

Bibliografia

Thon, S. L. and Oshlag, J. A. (1997) Crossing The Bridge: Integrating Solution-Focused Therapy into Clinical Practice. Sudbury, MA: Solution Press.

Leave a Reply