Molti professionisti ricoprono dei ruoli complessi, certe volte più di uno. Il terapeuta della Terapia Breve centrata sulla Soluzione è uno di questi.
Per esempio, agli operatori sanitari può essere richiesto di indicare quali siano gli stili di vita più sani, ai farmacisti può essere richiesto di informare i loro utenti di quali siano i rischi connessi all’utilizzo di determinati farmaci.
Gli assistenti sociali, di norma, devono monitorare il livello di sicurezza e i rischi nella vita delle persone che vengono loro affidate.
Il terapeuta della Terapia Breve come risorsa
Molti professionisti hanno un ruolo attivo nella decisione che riguarda l’assegnazione di determinate risorse.
Ci sono assistenti sociali che, sebbene non possano prendere da soli determinate decisioni per conto di un dipartimento, spesso si trovano davanti alle richieste esplicite di genitori disperati.
In certi casi, infatti, sono proprio i genitori che chiedono all’assistente sociale che il loro figlio venga rimosso dal nucleo familiare e ospitato presso una struttura locale.
La situazione, evidentemente, è quella di un genitore disperato che non riesce più a gestire il proprio figlio e che vede l’allontanamento da casa del minore come un passo verso un certo sollievo dallo stress e dell’ansia che lo pervade.
In questa specifica circostanza, il ruolo dell’assistente sociale si avvicina molto a quello del terapeuta. Infatti, la risposta alla domanda dell’assistente sociale su quali siano le “migliori speranze” del genitore a riguardo, questi risponde chiedendo che il minore venga allontanato, ci troviamo davanti a un compito simile, per l’assistente sociale, a quello del terapeuta.
Anche l’assistente sociale, esattamente come avviene per lo psicologo, deve valutare se a quella richiesta vi siano effettivamente delle valide alternative o se quella sia l’unica soluzione possibile.
Nel caso utilizzato come esempio, l’assistente sociale deve fare una valutazione simile a quella che farebbe lo psicologo educativo per stabilire se, davanti alla richiesta di una scuola, debba essere concesso un sostegno a un bambino con bisogni educativi speciali o di uno psichiatra che si trova davanti alla richiesta di farmaci da parte di un genitore di un bambino iperattivo.
In tutti questi casi il terapeuta deve effettuare una serie di valutazioni al fine di stabilire se si possa ottenere un risultato positivo senza l’utilizzo delle risorse citate, quindi se si possano ottenere risultati con un bambino iperattivo senza il ricorso ai farmaci e così via, considerando anche il fatto che un bambino non va mai spontaneamente in terapia, ma viene in un certo senso obbligato a farlo, come spiego qui in questo articolo.
La famiglia può risolvere le proprie difficoltà con il proprio figlio senza ricorrere al suo allontanamento da casa?
La scuola e l’insegnante possono trovare una soluzione senza che venga assegnato un sostegno al bambino, evitando così un costo e soprattutto il fatto che venga apposta al ragazzo un’etichetta o vengano prescritti dei farmaci?
Come si valutano le possibili alternative
Un modo efficace per valutare diverse alternative è quello di aprire una conversazione che vada oltre alla soluzione che è stata predeterminata dal paziente. Basta semplicemente chiedere “Che differenza pensi che ci sarebbe se ciò accadesse?”
In questo caso è probabile che il paziente dia una risposta che apre ulteriori vie. Torniamo al caso precedente e vediamo come potrebbe essere un possibile sviluppo.
Terapeuta: Che differenza pensi possa fare se quello che hai chiesto accadesse?
Genitore del paziente: Se fosse nuovamente in terapia non dovrei preoccuparmi ogni notte a che ora arriverà e che cosa farà. Non dovrei preoccuparmi di verificare che entra a scuola, non staremmo tutti urlando continuamente a casa. Le cose sarebbero più tranquille e tutti saremmo più felici.
Terapeuta: Ok, sembra che nell’ultimo periodo le cose si siano davvero complicate parecchio. Se ho capito bene vorresti che tornasse a un’ora ragionevole, che andasse a scuola, vorresti più tranquillità e felicità a casa.
Genitore del paziente: Sì, lo conosce. Non mi considera, almeno le cose andavano meglio quando era nella casa famiglia.
Terapeuta: Certo, quindi ha anche necessità che la prenda più in considerazione. Mi faccia vedere se ho capito bene: rientrare a un’ora decente, andare a scuola, avere più tranquillità e felicità a casa, e Michele che la prende più in considerazione.
Genitore del paziente: Sì, ma non lo farà e ne ho abbastanza, non va bene per lui e non va bene i suoi fratelli. Urlo tutto il tempo.
Terapeuta: Certo, e mi dispiace che le cose siano andate così, ma sa che non posso prendere una decisione senza incontrare Michele, anzi, probabilmente senza incontrare tutti voi assieme. Se però potessimo trovare un modo per spingerlo a cambiare e comportarsi in modo diverso a casa, questo lo renderebbe più gestibile?
Genitore del paziente: Sì, ma non succederà.
Terapeuta: E se lo facesse? Questo renderebbe le cose più gestibili?
Genitore del paziente: Suppongo di sì.
La soluzione migliore non è sempre quella più facile
Ovviamente nessuno può affermare che questo percorso, che il lavoro che dovranno fare Michele e la sua famiglia, sarà facile. Tuttavia, nonostante le difficoltà, la situazione potrebbe trovare un certo miglioramento.
Una volta che la richiesta viene definita in termini di cambiamenti desiderati invece che di semplice sistemazione, è logico che ci siano molti potenziali percorsi da poter intraprendere al fine di trovare una soluzione accettabile e che l’allontanamento del minore sia solamente una di queste opzioni.
Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi