Invece di cercare eccezioni al problema, i terapeuti cominciarono a cercare dei casi del futuro già accaduti dove, cioè, le speranze del paziente stessero già iniziando a realizzarsi.
Questo tipo di indagine si è dimostrato più facile ed efficiente rispetto alla ricerca di eccezioni che, se effettuate senza la necessaria sensibilità, avevano come esito dare l’impressione che il terapeuta soffrisse di fobia dei problemi.
Un’altra motivazione a supporto della sua efficacia è il fatto che riesce a connettere con maggiore rapidità e l’eccezione e i casi già accaduti a quello che poi è l’esito sperato dal paziente, insomma, si tratta di una via sicuramente più diretta per affrontare il singolo caso.
Casi del futuro già accaduti, un collegamento più diretto con l’eccezione
L’interesse per quelle che noi chiamiamo istanze (del futuro già in atto) può essere anche definito come un ritorno allo sviluppo del “primo compito della formula della prima seduta”, come è stato descritto qui. In pratica si chiedeva ai pazienti di iniziare a notare quali aspetti della loro vita avrebbero voluto mantenere.
È passato più di un decennio prima che questa strategia iniziasse a svolgere appieno il suo ruolo nella fase della Soluzione centrata.
La differenza tra un focus sulle eccezioni e uno sulle istanze è ben spiegata dall’esempio che segue e che è uno dei primi casi affrontati con l’approccio della Terapia Breve centrata sulla Soluzione.
Case History, la famiglia di Andrea
Andrea era un bambino di 7 anni, vivace, a volte troppo, secondo i genitori che erano venuti in terapia per chiedere un aiuto.
Il problema lamentato era che il bambino utilizzava un vocabolario volgare per la sua età. Si era così iniziato a lavorare sulle eccezioni che erano dunque state scoperte e ben indagate.
Nella sessione successiva quello del linguaggio non era più un problema. Ora, però, i genitori si lamentavano di un altro problema, ovvero delle cattive abitudini alimentari del bambino.
Un nuovo problema aveva così sostituito quello appena risolto.
Il terapeuta, perplesso, prima di proseguire con la terapia aveva deciso di consultare alcuni suoi colleghi.
Anche i genitori, a quel punto, avevano iniziato a riflettere sulla loro condizione e si erano resi conto che, in realtà, il problema era il loro.
Dopo una lunga ricerca, avevano scoperto che nessuno dei due aveva davvero desiderato di avere dei figli, ma che si erano semplicemente accordati l’uno per il bene dell’altro, accettando quindi un ruolo di genitore per lo più per accontentare l’altro nella convinzione che questo fosse il desiderio del partner.
Non c’era niente che il loro bambino potesse fare per compiacerli davvero. I due erano consumati dal senso di colpa e finalmente avevano mostrato il desiderio di formarsi e di impegnarsi nel loro ruolo genitoriale.
Invece di provare a farli concentrare sulle eccezioni, quindi, il terapeuta aveva iniziato una conversazione atta a costruire le fondamenta per un futuro di successo.
Ben presto si scoprì che, nonostante le loro riserve nascoste, entrambi i genitori si erano impegnati di più nel loro compito di quanto essi stessi credevano.
Si erano inoltre resi conto, una volta che avevano smesso di cercare ciò che per loro era sbagliato, che c’erano molti aspetti del figlio che amavano.
Quello che amavano di lui era in linea con le loro speranze per se stessi in quanto genitori.
La lezione è quindi che lasciare un posto indesiderato non porta necessariamente alla meta che si vuole raggiungere, stabilire e lavorare direttamente per l’ottenimento del risultato desiderato rende quindi la terapia più breve e probabilmente anche molto più efficace.
Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi
Bibliografia
George, E., Iveson, C. and Ratner, H. (1999) Problem to Solution: Brief Therapy with Individuals and Families (revised and expanded edition). London: Brief Therapy Press.