«Il paziente è una persona differente da ciò che era, dopo la Miracle Question.»
(presentazione di Steve de Shazer al BRIEF di Londra, 1993).
In questa presentazione che fece de Shazer al BRIEF di Londra, cosa intendeva dire con la frase che “dopo la Miracle Question il paziente è diverso da ciò che era”? Probabilmente il significato di questa frase si riferiva a una situazione letterale, dato che stava iniziando ad adottare un approccio costruttivista.
Tale posizione era basata su un punto di vista filosofico che mette in evidenza come la realtà sia inventata invece che scoperta.
Questo punto di vista, come si può notare, si discosta dall’oggettivismo (de Shazer 1991: 46), ma in relazione alla diagnosi, risulta molto controverso.
Approccio costruttivista, differenze con quello strutturalista
Per meglio comprendere quale sia il nuovo punto di vista di de Shazer riguardo all’approccio terapeutico, si deve necessariamente fare una breve digressione, mentre qui trovi approfondimenti sulla Miracle Question.
Fino a quel momento, infatti, gran parte della psicologia clinica aveva cercato di definire, in modo sempre più preciso, le condizioni che generavano la sofferenza dei pazienti.
Questo è un tipo di approccio tipicamente strutturalista dove il metodo sperimentale è alla base di tutto.
Secondo questo approccio, vi è una realtà esterna che può essere definita e di conseguenza trattata. Prendiamo la depressione come esempio.
Per i post-strutturalisti, così come per i professionisti che operano utilizzando l’approccio della Terapia Centrata sulla Soluzione, vi è la preoccupazione di parlare della depressione – per mantenere l’esempio di prima – oggettivandola.
In questo modo, per il paziente, la depressione diventa una realtà più concreta, un fatto. È un fatto tanto quanto lo è che uno sia maschio o femmina, che sia bianco o nero.
Secondo l’approccio costruttivista, quindi, gli individui creano la propria realtà secondo la loro comprensione e partecipazione, quindi in base alle proprie esperienze.
L’ambiente e le interazioni che si sviluppano al suo interno, influenzano il comportamento del paziente.
In tal senso la Terapia Centrata sulla Soluzione viene influenzata da un approccio costruttivista, poiché i terapeuti incoraggiano i propri pazienti a descrivere, riflettere e interpretare le cose che per loro sono importanti.
Inoltre li esortano a costruire obiettivi significativi che si basano su immagini positive della propria competenza, quindi sui successi, sui punti di forza.
Si tratta quindi di un approccio di natura prettamente collaborativa.
L’approccio del professor Gale Miller
Gale Miller, professore emerito alla Marquette, ora in pensione, ha insegnato teoria sociologica, interazione sociale e sociologia dei problemi. La sua ricerca è considerata tra le più importanti nell’ambito della Terapia Centrata sulla Soluzione.
Egli sosteneva che i pazienti parlassero di loro e dei loro problemi da una prospettiva interna al problema stesso, quindi la terapia era il processo mediante il quale il paziente poteva parlare dei propri problemi dal di fuori, da un punto di vista esterno. (Miller 1997: 214)
«Non è che non affrontiamo problemi difficili nella nostre vite, problemi che sono reali e spesso ci causano molta sofferenza. Tuttavia… queste realtà sono costruite; i problemi non sono come delle realtà a se stanti, indipendenti da noi, ma diventano quello che sono in virtù di come noi negoziamo la realtà.» (Gergen 1999: 170)
Nel prossimo post inizieremo ad addentrarci più a fondo sui fondamenti filosofici del costruzionismo sociale, nella differenza che intercorre tra parlare del problema e parlare della soluzione.
Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi
Bibliografia
de Shazer, S. (1991) Putting Difference to Work. New York: W. W. Norton.
Miller, G. (1997) Becoming Miracle Workers: Language and Meaning in Brief Therapy. New York: Aldine de Gruyter.
Gergen, K. J. (1999) An Invitation to Social Construction. London: Sage.