Esistono molti livelli del piano descrittivo e il terapeuta può operare diverse scelte per raggiungere il suo obiettivo. Per esempio può scegliere quando è il caso di cercare maggiori dettagli e quindi ampliare la descrizione che viene fatta del futuro migliore. Cambiare il futuro del proprio paziente può dipendere molto dal tipo di scelta che il terapeuta opera.
Cambiare il futuro del paziente attraverso le sue descrizioni
In un precedente articolo, che trovi qui, ho descritto come una madre avrebbe riconosciuto il cambiamento della figlia attraverso il buongiorno che le avrebbe dato al mattino. Con la descrizione di tale momento, il terapeuta sceglie di restare concentrato su quell’aspetto per diverse domande.
Potrebbe continuare ad approfondire chiedendo:
“Mentre l’abbracci e piangi, cosa noti che possa farti capire che le cose stanno cambiando, che si stanno realizzando le tue migliori speranze per il futuro?”
Se il paziente descrive un altro sentimento positivo, il terapeuta potrà continuare a chiedere:
“Come farà tua figlia a capire che stai provando questo sentimento?”
D’altro canto le relazioni umane sono abbastanza complesse da consentire al terapeuta di fare ulteriori domande di approfondimento sull’argomento. A un certo punto il paziente deve essere aiutato ad andare avanti e ad ampliare la descrizione e solitamente questo avviene con la domanda “cos’altro noterai di diverso?”
Com’è facile immaginare, occorrerebbe troppo tempo per approfondire ciascun livello allo stesso modo, quindi è il terapeuta che scegli dove zumare, in modo da arrivare ai dettagli, o se fare una panoramica.
Nel caso della madre e della figlia, il terapeuta ha deciso di partire dal dettaglio, ovvero il momento dell’incontro.
Avrebbe potuto iniziare anche con una descrizione più ampia:
“Quali cambiamenti vorresti vedere nel rapporto con tua figlia?”
La madre, a questo punto, potrebbe elencarne diversi, come per esempio più rispetto, maggiore comunicazione, migliori rapporti con la scuola, obbedienza e maggiori segni di felicità.
Una volta che questa descrizione ampia è stata completata, il terapeuta può scegliere dove concentrarsi per fare il focus sul dettaglio:
“Come inizieresti a sapere che tua figlia è felice, mostra rispetto, prende sul serio i suoi studi ecc.?”
Le scale, ma ne parleremo in modo approfondito nei prossimi articoli, possono darci un quadro molto utile per ottenere dettagli su una serie di aspetti diversi e della vita e delle relazioni di un paziente.
Case history: la storia di Giacomo
La storia di Giacomo ci restituisce in modo molto chiaro un esempio di quanto è stato detto fin qui.
Giacomo ha 25 anni, è un ragazzo ben istruito, ma bloccato in un lavoro che lui considera ormai senza alcuna prospettiva.
Di recente è stato dimesso dall’ospedale a causa di un’overdose. Vive con i genitori i quali non vanno d’accordo tra di loro.
La madre combatte contro la sclerosi multipla, a causa della quale è gravemente disabile, suo padre lavora diverse ore fuori casa, secondo Giacomo, che “odia” suo padre, si tratta di una scelta per stare a casa il meno possibile.
È Giacomo a occuparsi prevalentemente della madre e questo gli impedisce di avere una vita propria. Vorrebbe avere maggiore fiducia in se stesso.
Tutto questo è stato descritto durante il primo incontro. Giacomo ha descritto come alzarsi, come chiacchierare con la madre, come essere più educato con il padre e più coscienzioso sul lavoro.
Terapeuta: E dopo il lavoro, tuo padre, come potrebbe guadagnarsi la tua fiducia?
Giacomo: Mi piacerebbe andare a bere qualcosa, ma non posso lasciare mia madre così a lungo.
Terapeuta: Si arrabbierebbe se tu restassi fuori?
Giacomo: probabilmente no perché dice che dovrei farmi una vita prima che muoia.
Terapeuta: Quindi tua madre potrebbe anche essere contenta di vederti uscire di più?
Giacomo: Lo sarebbe se non avesse così tanto bisogno di me o se mio padre facesse di più, ma lui non lo fa perché non si parlano nemmeno per la maggior parte del tempo.
Terapeuta: Quindi se andassero più d’accordo pensi che tu padre potrebbe aiutare di più?
Giacomo: Sì ma non lo faranno.
Terapeuta: Se lo facessero, quale sarebbe il primo segno di questo cambiamento?
Giacomo: Non lo farebbero, è impossibile.
Terapeuta: Se accadesse un miracolo e cominciassero ad andare d’accordo quale sarebbe il primo segnale?
Giacomo: Comunicherebbero.
Terapeuta: Di cosa parlerebbero?
Giacomo: Di qualsiasi cosa. Di tutto.
Terapeuta: E quale sarebbe il primo segno del fatto che stanno iniziando a parlare?
Giacomo: Aiuterebbe di più la mamma.
Terapeuta: Quale sarebbe il primo segno che lui aiuta di più tu madre?
Giacomo: Lui l’aiuterebbe con l’ossigeno. Mamma ha bisogno dell’ossigeno ora e non ce la fa a cambiare la bottiglia da sola, quindi se vedessi mio padre che l’aiuta con l’ossigeno saprei che le cose stanno andando meglio.
Terapeuta: Che differenza può fare vedere tuo padre che cambia la bottiglia dell’ossigeno?
Giacomo: Una differenza enorme.
Terapeuta: Come?
Giacomo: Come se potessi pensare di poter avere finalmente una vita mia.
Alla seconda sessione, un mese dopo, James riferisce al terapeuta di sentirsi molto meglio, di aver cambiato lavoro e di avere una vita sociale.
Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi