Nel 1959 Don Jackson, psichiatra e uno dei pionieri della terapia familiare, fondò il Mental Research Institute, istituto che divenne famoso per il lavori di ricerca sulla comunicazione e sulla terapia sistemica. L’MRI (Mental Research Institute) nacque dunque come un’organizzazione indipendente, non a scopo di lucro, il cui obiettivo era quello di investigare le relazioni umane al fine di apportare beneficio alla comunità tutta.
Il team del Mental Research Institute
Nel 1967 fu creato un centro dove mettere in pratica la terapia breve da cui, poco dopo, sarebbe sorta una nuova scuola di terapia familiare. Il team di questo nuovo centro, guidato da John Weakland, Paul Watzlawick e Dick Fish, investigava i modelli di comunicazione, in particolare indagava la stabilità di tali sistemi, cercando di stabilire quanto fossero resistenti a eventuali cambiamenti.
Particolare interesse fu posto nell’indagine degli schemi di interazione del paziente IP che portò a una nuova concezione dello sviluppo del problema. L’idea che ebbe maggior diffusione all’interno del gruppo era il concetto che i problemi nascono e rimangono tali a causa del modo in cui, in determinate circostanze, più o meno particolari, vengono percepiti e in seguito affrontati.
La soluzione è dunque un tentativo che si fa in base a ragionamenti logici o seguendo il senso comune. Le soluzioni tentate possono anche negare che esista una difficoltà, possono non sortire alcun effetto o possono addirittura peggiorare la situazione di partenza.
La terapia viene quindi focalizzata sul cambiamento delle soluzioni che vengono messe in atto, arrestando o invertendo il tipo di approccio solito, per quanto possa sembrare logico o corretto.
L’influenza di Erickson
Il team del Mental Researche Institute, sotto l’influenza di Erickson, non fece alcun tentativo di comprendere il problema e le sue cause intrinseche. Al contrario, accettò il problema per quello che era, osservando quanto accadeva nel “qui” e “ora” e cercando di indurre il paziente o i pazienti a cambiare il loro comportamento.
Non si utilizzò formalmente l’ipnosi, ma si studiò l’uso del linguaggio di Erickson per imparare a capire come impostare i compiti che avrebbero dovuto spingere il paziente al cambiamento. Per esempio, sovente suggerirono al paziente di rallentare il cambiamento del proprio comportamento, magari mettendo l’accento sul fatto che non fosse quello il momento di rischiare apportando delle modifiche che avrebbero potuto peggiorare la situazione.
Un effetto paradossale era invece quello di spingere il paziente verso più cambiamenti.
Svilupparono inoltre una tecnica conosciuta col nome di “ristrutturazione”. Con questa tecnica, il problema o il comportamento problematico viene descritto in modo del tutto diverso per poter così incoraggiare il paziente a vedersi sotto una luce diversa.
Un caso peculiare
Un caso particolare era quello di un uomo afflitto da una forte balbuzie e che, nonostante questo problema, desiderava avere successo come venditore. La strategia, il tentativo che egli stesso aveva messo in atto per superare il problema, cercando di concentrarsi per balbettare meno, non stava facendo altro che creargli ulteriore stress facendolo peggiorare.
L’uomo fu così spinto a fare della sua disabilità un punto di forza, un vantaggio. Doveva pensare che la balbuzie avrebbe attirato l’attenzione dei clienti ormai assuefatti dalle tecniche di vendita pressanti degli altri venditori. Il paziente venne istruito al fine di mantenere un elevato grado di balbuzie sebbene durante il suo lavoro, per ragioni sconosciute, l’uomo si sentisse un po’più a suo agio e a balbettasse decisamente meno spontaneamente.
Dieci sedute di terapia
Il MRI concedeva ai propri pazienti un massimo di 10 sedute. Se però il paziente mostrava di aver fatto progressi adeguati in meno di dieci sedute, le sedute rimanenti sarebbero rimaste in una sorta di “banca” a disposizione qualora fossero state necessarie in futuro.
I risultati ottenuti furono eccellenti.
Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi
Bibliografia
Cade, B. (2007) Springs, streams and tributaries: a history of the brief, solution-focused approach. In T. Nelson and F. Thomas (Eds.), Handbook of Solution-Focused Brief Therapy. New York: Haworth.
Watzlawick, P., Weakland, J. and Fisch, R. (1974) Change: Principles of Problem Formation and Problem Resolution. New York: W. W. Norton.
Weakland, J., Fisch, R., Watzlawick, P. and Bodin, A. (1974) Brief therapy: focused problem resolution. Family Process, 13: 141– 168.