Nelle sedute di Terapia Breve Centrata sulla soluzione è molto importante riuscire a valutare il paziente, senza però sovraccaricare questo momento di eccessivo peso. Essere focalizzati sulla soluzione non significa essere problematici.
Invece è importante saper riconoscere dove si trova il cliente, in che punto rispetto al suo problema, in modo da poter capire quali possibilità possano essere esplorate riguardo a una prospettiva futura, quindi quali passi potrebbe compiere durante la terapia verso una soluzione. (O’Hanlon e Beadle 1996)
L’approccio terapeutico in una seduta di Terapia Breve
In generale, in una seduta terapeutica, il terapeuta deve ascoltare con attenzione e interesse tutto ciò che il paziente sceglie di raccontare.
Il terapeuta deve quindi avere particolare attenzione verso le domande che sceglie di porre in base al tipo specifico di approccio che ha deciso di adottare.
Una volta che ha ascoltato attentamente la risposta del paziente, il terapeuta deve scegliere quale degli elementi emersi potrà essere utilizzato come punto di partenza per la prossima domanda. Si crea così una connessione tra risposta del paziente e domanda del terapeuta, come puoi leggere qui.
Se il modello che si è deciso di seguire è quello storico, dalla classica domanda «Deve essere stato molto difficile, come è iniziato?» un terapeuta esperto potrebbe passare a «Deve essere stato molto difficile, come riesci a gestirlo?»
Il paziente potrebbe riconoscersi in entrambi i casi, tuttavia, con la seconda domanda, ci si apre più possibilità.
Sembra quasi un paradosso, ma per quanto riguarda il modello focalizzato sulla soluzione, più grandi sono le difficoltà, più sono i problemi, più questi sono complessi, maggiore è la possibilità di riuscire a conviverci.
Perseveranza e determinazione sono come due forze che aiutano a sopravvivere aprendo nuove possibilità nel futuro: «Se tutta questa lotta dovesse in qualche modo ripagare e tu alla fine svoltassi un angolo, quale pensi possa essere il primo segno di cambiamento?»
Un esempio concreto
Quella che segue è la storia reale di un bambino, un caso di studio presente nella letteratura della Terapia Breve centrata sulla Soluzione. Abel era un bambino di 5 anni che rischiava concretamente un’esclusione permanente dalla scuola d’infanzia.
Il comportamento del bambino, infatti, era problematico e rendeva difficile la gestione del gruppo classe.
La madre di Abel era affetta da sclerosi multipla, malattia che l’aveva resa gravemente invalida, al punto che in certe giornate era costretta sulla sedia a rotelle.
Anche per queste motivazioni la madre di Abel non aveva partecipato al lavoro che aveva invece condotto la signorina Brown, la maestra del bambino.
La signorina Brown era angosciata sia dal comportamento estremo del bambino, sia dalla sfida che le si poneva davanti rispetto a quelle che erano le sue competenze.
Dopo una lunga e accurata descrizione, il terapeuta ha commentato la perseveranza dell’insegnante e ha chiesto come fosse riuscita a portare comunque avanti il suo lavoro in classe e al contempo dedicare ad Abel tante attenzioni.
L’insegnante ha risposto asserendo che tutto è stato molto difficile, anche perché la classe stava soffrendo della possibilità dell’esclusione del bambino.
Tuttavia, da un punto di vista più costruttivo, il terapeuta ha deciso di porre l’accento su quello che l’insegnante percepiva come una speranza che la terapia potesse funzionare.
La signorina Brown, infatti, aveva individuato un particolare: quando Abel cantava, il piccolo era come un piccolo angelo e che se si andava oltre il suo comportamento, si poteva vedere un ragazzino molto simpatico.
Il terapeuta aveva quindi riconosciuto le difficoltà dell’insegnante, le sue competenze e perfino individuato un filo di speranza.
Di contro, la mamma di Abel era profondamente angosciata dalla sua malattia e dalla consapevolezza che essa stessa era la causa dei problemi del suo bambino.
Al contempo, però, la donna era fortemente arrabbiata con la scuola perché l’esclusione avrebbe impedito al bambino di ricevere un’adeguata educazione, pertanto, avrebbe combattuto con tutte le sue forze e per essere una madre normale e per evitare l’esclusione del figlio.
A questo punto, quando la donna si era trovata davanti al terapeuta, questi le aveva domandato come avrebbe fatto a sapere che sarebbe valsa la pena combattere? La risposta della donna era stata semplicemente “Tornerà a casa da scuola felice”.
La descrizione del comportamento felice di Abel stava dando sostanza alla possibilità, in altre parole, la stava già rendendo più concreta.
Per quanto riguarda Abel, invece, il terapeuta gli aveva chiesto se sapesse come comportarsi bene. Abel aveva così iniziato a descrivere le sue sensazioni. A lui non solo piaceva comportarsi bene, ma gli piaceva la signorina Brown, perché era gentile con lui.
Il comportamento di Abel era cambiato però dopo l’incontro con la signorina Brown e prima di quello con il terapeuta.
Se qui abbiamo visto l’importanza del conoscere il punto di partenza del paziente in una seduta di Terapia Breve centrata sulla Soluzione, la prossima volta andremo a esaminare come possono e devono essere utilizzati i complimenti, come devono essere dosati e con quale finalità.
Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi
Bibliografia
O’Hanlon, B. and Beadle, S. (1996) A Field Guide to PossibilityLand. London: Brief Therapy Press