Abbiamo parlato diverse volte della tecnica della scala applicata a un singolo paziente (puoi approfondire qui), ma in realtà questo approccio può essere applicato anche all’intera famiglia.
Ovviamente si deve valutare un diverso tipo di lavoro durante la seduta perché ogni membro della famiglia avrà una sua peculiare visione delle cose e una determinata percezione del problema che non sarà uguale a quello degli altri componenti.
La tecnica della scala nella famiglia: sommare i punteggi
Il gradino della scala familiare che viene descritto più comunemente è quello in cui si definisce il futuro migliore come “Andremmo tutti più d’accordo”.
È inevitabile che ciascun membro della famiglia offra una personale valutazione della situazione, sta quindi al terapeuta evitare qualsiasi discussione evitando di dare la ragione all’uno o all’altro. Invece, chiederà a ogni persona cosa lo faccia collocare in un punto più alto o cosa gli impedisca di collocarsi in un punto più basso.
Quando si lavora con le famiglie è buona prassi sommare tutti i “punteggi” (questo è un lavoro che si può far fare anche a un bambino se presente) in modo da fare poi una media. Una volta fatta la media bisogna evincere cosa, a ciascuno, faccia capire che quel punteggio è corretto.
Un esempio concreto è quello di una famiglia di 5 elementi, padre, madre e tre figli di età diverse, dai 5 ai 12 anni.
Una volta che ciascuno di essi ha espresso il suo personale punto di vista, con relativa posizione sulla scala, si raccolgono tutti i punteggi personali e si fa la media. A questo punto si deve chiedere a ciascuno, inclusi i bambini, cosa possa fargli pensare che il punteggio medio attribuito sia giusto.
Da quel punto si parte con il lavoro.
Puntare al “10”
Un altro caso complesso è quello dei genitori che portano in terapia il figlio. Per loro il bambino è la causa dei problemi, quindi tenderanno a utilizzare la scala per valutare non tanto la situazione quanto il bambino stesso.
Non è raro, in questi casi, sentire il genitore che dice: “Gli posso dare un 2 come valutazione”, attribuendo quindi un punteggio sulla scala familiare spesso inferiore a quello che invece attribuirà il bambino.
Probabilmente non c’è modo di evitare questo, tuttavia, se possibile, il terapeuta dovrebbe puntare al “10” quando si propone di costruire il futuro preferito della famiglia. Fondamentale è che in tale futuro, quindi in quel 10, sia compresa tutta la famiglia, non solamente il bambino.
Per esempio, se il problema fosse il comportamento del bambino a scuola, il terapeuta dovrebbe indirizzare tutta la famiglia verso il futuro migliore. Se per i genitori un miglioramento del comportamento del bambino a scuola fosse descritto con un “10”, questo numero dovrebbe includere anche gli effetti che avrebbe sulla vita familiare.
Il 10 diventerà quindi il comportamento del bambino a scuola e i genitori si sentiranno più felici. L’obiettivo è quello di cercare di includere i genitori all’interno della “soluzione”.
Allo stesso modo, quando ai membri della famiglia viene chiesto di salire su un gradino più alto, un genitore asserisce che sarà sul quel gradino quando il bambino far una cosa piuttosto che un’altra.
Cosa deve fare il terapeuta in questo caso? Sicuramente dovrà orientare la seduta con una domanda tipo. “E che differenza farà per te e per il tuo rapporto con loro?” Cercando quindi di includere tutta la famiglia.
Questo lavoro è molto simile a quello che si fa con la coppia, ma approfondiremo questo aspetto nel prossimo articolo.
Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi