C’è per tutti i terapeuti di Terapia Breve centrata sulla soluzione un momento in cui ci si trova davanti a un paziente che affermerà non solo che le cose non migliorano, come puoi leggere qui, ma che addirittura vanno peggio. Quando ci si trova in questa situazione occorre saperla gestire nel modo corretto, vediamo come.
Terapia breve domande: cosa non chiedere
Spesso il terapeuta è tentato da alcune domande per proseguire un dialogo che inizia con la domanda: “Quindi va meglio?” e alla quale il paziente potrà rispondere “Stai scherzando vero? Va peggio, dieci volte peggio! Questa è stata la settimana peggiore della mia vita”.
A questo punto la tentazione del terapeuta che si lascia prendere dal panico è quella di proseguire cercando di togliere il paziente da quella posizione con domande di questo tipo: “Ma sei venuto spontaneamente, ci sei riuscito.”
E proseguendo con questa logica “Se le cose andassero così male non saresti qui, ma lo sei, quindi non può essere poi così male.”
Vale sempre la pena resistere a questo tipo di approccio perché i pazienti si risentono del rifiuto del terapeuta di prendere per buono ciò che affermano.
Come si deve procedere davanti a un’affermazione negativa del paziente
Un approccio utile, davanti alla negatività del paziente, è questo: “Mi dispiace molto che tu abbia avuto in periodo così difficile”.
In questo modo il paziente sente che il suo disagio è stato riconosciuto e accettato e il terapeuta può così iniziare a cercare un modo per portare avanti la conversazione nella direzione in cui il paziente stesso vuole muoversi.
Bisogna trovare un qualcosa che si adatti alle probabilità di successo del paziente.
- Che cosa ti ha fatto piacere constatare di aver fatto nonostante tutte le difficoltà?
- Come sei riuscito a mantenere accesa la speranza nella tua vita, nonostante tutte le difficoltà che hai dovuto affrontare?
- Come sei riuscito a sopravvivere nonostante tutti i problemi che hai dovuto affrontare?
- Cosa hai fatto per evitare che le cose peggiorassero ulteriormente, come hai evitato che le cose precipitassero?
Ciascuna di queste domande potrebbe aprire un sentiero verso una conversazione focalizzata, concentrandosi quindi su ciò che è il paziente ha fatto e che gli è stato utile.
Ogni domanda posta con questo scopo deve tenere conto in modo adeguato della condizione del paziente, in modo tale che questi si senta pronto a rispondere.
Se il paziente ritiene che le domande che gli vengono poste non riconoscono la gravità della sua situazione, sarà tentato di ritornare sulla descrizione del problema.
In questo caso il terapeuta dovrà porre le sue domande facendo in modo di riconoscere maggiormente le difficoltà affrontate dal paziente, in modo da ristabilire un certo equilibrio.
Il rischio di far descrivere ulteriormente il problema
Come abbiamo detto, il rischio di scivolare in una nuova descrizione del problema dipende dal modo in cui si pongono le domande. Se procediamo con la conversazione iniziale:
Terapeuta: Sembra un incubo.
Paziente: Sì, lo è stato.
Terapeuta: Sì, lo è stato, allora come te la stai cavando?
Paziente: Beh, è proprio questo il problema, non me la sto cavando. Faccio fatica ad alzarmi, non mi vesto, ho ricominciato a bere e mia moglie dice che se continuo così le mi lascia.
Appare abbastanza chiaro che la domanda “Come te la stai cavando” o “Come hai fatto ad andare avanti” implica una descrizione troppo funzionale della vita per poter lavorare col paziente e, di conseguenza, questi torna a descrivere le difficoltà.
Se il terapeuta avesse posto la domanda nei termini “Come hai fatto ad andare avanti visto che le cose sono state così difficili?” allora il paziente si sarebbe sentito sufficientemente convinto ad accettare l’invito del terapeuta e a proseguire in modo costruttivo la conversazione.
Come diceva Steve de Shazer nelle presentazioni pubbliche «Possiamo essere focalizzati sulla soluzione, ma non dobbiamo essere fobici per quanto riguarda i problemi».
Quando i terapeuti diventano “negatori del problema”, il loro lavoro implica una soluzione forzata ed è chiaro che la soluzione forzata non funziona.
Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi
Bibliografia
Nylund, D. and Corsiglia, V. (1994) Becoming solution-focused in brief therapy: remembering something important we are already knew. Journal of Systemic Therapies, 13(1): 5-12.