Non sempre occorre una terapia familiare che coinvolga nel cambiamento tutti i componenti della famiglia.
Spesso, però, capita che alla seduta col terapeuta partecipi più di un membro della famiglia. Questo potrebbe generare qualche difficoltà nello svolgimento della terapia, vediamo come dovrebbe comportarsi il terapeuta, in questi casi, a seconda di diverse circostanze.
#1. Terapia familiare: cosa accade se i membri della famiglia sono in disaccordo
Cosa accade nel caso in cui non tutti i membri della famiglia fossero in accordo con il futuro preferito prospettato dal paziente? Facciamo un esempio pratico per capire meglio.
Prendiamo un genitore e un figlio adolescente. Ci sono pochissime probabilità che i due si trovino d’accordo sulla visione delle migliori speranze per il futuro, almeno all’inizio degli incontri di terapia.
La speranza di molti genitori è che il loro figlio sia più rispettoso. Con questo intendono dire che il loro figlio dovrebbe essere più obbediente.
Il ragazzino, invece, esprime la necessità di ottenere maggiore fiducia. Dal canto suo questo significa che vorrebbe avere maggiore libertà. Stando così le cose è molto probabile che si generi una controversia del tutto inutile:
“Come posso fidarmi di te quando non rientri a casa per tutta la notte?” Potrebbero dire i genitori.
“Come posso rispettarti quando mi tratti come un bambino?” Potrebbe invece dire il ragazzo.
Tuttavia, guardare avanti crea uno scopo comune. Si dovrebbe quindi partire dal presupposto che queste risposte non sono fini a se stesse, ma che hanno comunque uno scopo, vale la pena chiedere: “Se ognuna delle vostre speranze per il futuro si realizzasse, che differenza farebbe?”
Sia il genitore che il figlio risponderanno che la differenza starebbe nel fatto che andrebbero più d’accordo, litigherebbero meno, parlerebbero di più e sarebbero più disponibili. Sia i genitori che il figlio desiderano la stessa cosa.
#2. Se i membri della famiglia si mettono a litigare
I litigi in ambito familiare sono una cosa normale. Non sempre tutti i membri riescono ad andare d’accordo, per cui non è raro che vi siano discussioni anche durante la seduta di terapia.
Come si deve comportare in questa circostanza il terapeuta focalizzato sulla soluzione? In generale dovrà ignorare gli argomenti del litigio considerandoli come un’interferenza, esattamente come accade quando si ascolta la radio e si inserisce nella stazione che stiamo ascoltando un’altra stazione.
Se però, tale “interferenza” fosse così forte da impedire di sentire chi parla e il terapeuta non avesse trovato il modo di contenere le discussioni, allora la cosa migliore da fare è complimentarsi con tutti per aver avuto il coraggio di cercare assieme una soluzione, ma poi si procederà a incontrare ciascuno in sedute separate.
In alternativa si può anche scegliere di lavorare con un solo membro della famiglia, quello che mostra maggior desiderio di cambiamento.
#3. Come si può far parlare tutti?
Come è stato già ampiamente descritto, se si invita il paziente a descrivere nel dettaglio il suo futuro preferito, sembra ci possano essere maggiori possibilità che avvenga un cambiamento nella sua vita.
Se, per esempio, mettessimo sei membri della famiglia nella stanza dove si svolge la seduta terapeutica, come si potremmo dare a ciascuno il tempo e lo spazio per raccontare la sua specifica visione del futuro?
In realtà questo potrebbe non essere necessario. Immaginiamo una famiglia i cui membri, tutti di età diversa e ciascuno a suo modo, abbiano espresso la speranza di riuscire a stare meglio da soli.
Il terapeuta potrebbe quindi iniziare a chiedere al primo membro della famiglia: “Dimmi due modi in cui ti renderai conto che questa famiglia sta migliorando.”. Potrà poi passare al successivo, e così via, monitorando ciascuno di essi a turno.
In questo modo per la famiglia sarà possibile definire un’immagine con diverse prospettive, ricca e dettagliata, della famiglia che desidera costruire.
Ovviamente non tutti saranno d’accordo con tutto, ma ci saranno comunque una buona serie di punti in comune sui quali si potrà lavorare.
#4. Se qualche membro funge da capro espiatorio
Può capitare che un membro della famiglia venga utilizzato come capro espiatorio, ovvero, che a lui venga attribuita la causa di uno o più problemi. Come ci si deve comportare in questo caso?
Litigare con i pazienti è l’unico elemento che può predire un fallimento.
Se una persona individua la necessità di un cambiamento in un’altra, con tutta probabilità sarà più utile porre domande che rendano più nitida l’immagine di un futuro preferito, come puoi vedere in questo articolo.
Questo è di aiuto perché si evidenzia l’intento positivo del paziente: “Sembra che tu sia davvero preoccupato per tuo figlio e per il suo futuro. Come saprai che la sua vita si sta svolgendo in un modo da non destarti preoccupazioni?”
“Quando dovesse rispondere in modo diverso, cosa noterà di diverso in te?”
Riuscire a riconoscere e ad accettare il disagio dei genitori, per esempio, offrendo una prospettiva costruttiva, può aprire delle possibilità sulle quali è assolutamente utile lavorare.
Flavio Cannistrà
Psicologo, Psicoterapeuta
Esperto di Terapie Brevi,
Terapia a Seduta Singola
e Ipnosi
Bibliografia
Beyebach, M. and Carranza, V. E. (1997) Therapeutic interaction and droout: measuring relational communication in solution-focused therapy. Journal of Family Therapy, 19: 173-212.